Rieducare alla legalità: la centralità delle Istituzioni e il ruolo dei veri riferimenti per la comunità

Nella Giornata della Legalità tenutasi il 23 maggio a Lurate Caccivio, gli studenti delle scuole medie hanno incontrato Don Giusto Della Valle, parroco di Rebbio, per un confronto sul tema della legalità, della mafia e della responsabilità civile. Don Giusto ha portato il suo contributo parlando della rinascita di Cascina Tavorella, un bene confiscato alla ‘ndrangheta e oggi, almeno provvisoriamente, gestito dalla parrocchia di Rebbio e dal Decanato di Appiano Gentile. Il suo intervento, empatico e coinvolgente, ha colpito studenti e autorità, stimolando riflessioni importanti. Tuttavia, da questo episodio si apre un ragionamento più ampio, che merita attenzione e dibattito: chi sono oggi i veri punti di riferimento per la comunità in tema di legalità?
Il rischio della delegittimazione silenziosa
Chiamare Don Giusto a parlare di legalità ai ragazzi è, senza dubbio, una scelta che ha il merito di dare concretezza a valori condivisi, mostrando come anche un bene confiscato possa rinascere attraverso il contributo della società civile. Ma il rischio, se non si accompagna questa iniziativa con la presenza di figure istituzionali, è di trasmettere un messaggio ambiguo: che la legalità sia più una questione di buona volontà che di rispetto dello Stato.
In un momento storico in cui la fiducia nelle istituzioni è spesso messa in discussione, è fondamentale ribadire il ruolo centrale e insostituibile delle forze dell’ordine, della magistratura, delle autorità prefettizie e del sistema giudiziario. Sono loro i custodi della legalità, coloro che per mestiere e per vocazione combattono ogni giorno contro la criminalità organizzata, i reati comuni e ogni forma di illegalità.

Educare al rispetto delle istituzioni
Ogni comunità ha bisogno di esempi. Ma se questi esempi non includono le istituzioni, si rischia di creare una narrazione incompleta o sbilanciata. I ragazzi devono poter associare la legalità non solo a figure carismatiche o a esperienze positive, ma anche e soprattutto a coloro che ogni giorno indossano una divisa o siedono in un’aula di tribunale per difendere lo Stato di diritto.
La presenza, accanto a Don Giusto, di un rappresentante delle forze di polizia o di un magistrato della Procura, avrebbe potuto rafforzare ulteriormente il messaggio, conferendo un senso di coralità all’azione di contrasto all’illegalità. Non si tratta di togliere valore al lavoro di Don Giusto, anzi: il suo contributo è prezioso e testimonia come la società civile possa essere protagonista del cambiamento. Ma è altrettanto necessario non dimenticare chi, ogni giorno, paga anche un prezzo personale altissimo per il proprio impegno a favore della legalità.
Riconoscere i protagonisti silenziosi
Le operazioni di sequestro e confisca dei beni mafiosi non nascono nei cortili delle parrocchie, ma negli uffici delle procure e nelle aule dei tribunali, grazie a indagini complesse condotte da forze dell’ordine altamente specializzate. Eppure, troppo spesso, chi ha condotto quelle indagini resta nell’ombra, mentre i riflettori si accendono solo su chi subentra nella fase successiva, quella della gestione del bene.
Questo meccanismo rischia di alimentare una visione distorta della realtà, nella quale il ruolo istituzionale viene sminuito o dimenticato, e con esso anche la percezione dell’autorità dello Stato. Serve quindi un lavoro culturale profondo per restituire dignità e riconoscimento a chi lavora “dietro le quinte”, ma senza il quale nessuna rinascita sarebbe possibile.
L’importanza della memoria e del riconoscimento
Nel nostro Paese sono centinaia i magistrati, i poliziotti, i carabinieri, i finanzieri che hanno dato la vita per difendere la legalità. I nomi di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Rosario Livatino non devono restare confinati ai giorni delle commemorazioni: devono vivere nella formazione quotidiana dei nostri giovani. Solo così potranno comprendere che la legalità non è un concetto astratto, ma un valore che si incarna in persone vere, con storie di coraggio, sacrificio e coerenza.
Un messaggio equilibrato e forte
Celebrare la legalità è fondamentale. Ma è ancora più importante farlo con equilibrio, restituendo centralità alle istituzioni senza per questo sminuire il ruolo della società civile. Occorre un nuovo patto educativo che riconosca i meriti di tutti, ma soprattutto educhi al rispetto di chi la legalità la difende per mestiere, con disciplina, formazione, rischio personale e dedizione.
Don Giusto può e deve essere parte di questo percorso, ma accanto a lui devono esserci i rappresentanti dello Stato. Solo così si potrà trasmettere ai nostri giovani un’idea autentica e completa di giustizia, legalità e responsabilità civica.