Como e i giovani: «Serve una mentalità nuova». Intervista a Beatrice Macconi

Dopo l’articolo di Martina Toppi pubblicato ieri su La Provincia, che ha riacceso i riflettori sulle difficoltà di Como nel diventare una città davvero a misura di giovane, ho deciso di approfondire il tema con Beatrice Macconi, artista e creator comasca che attualmente vive a Milano (la trovate su Instagram cliccando qui), che ha risposto parlandone con lo sguardo curioso e concreto di chi avrebbe voluto restare ma potendo sentirsi parte di qualcosa.
Le faccio subito un esempio che fotografa bene il problema: diversi anni fa, in piazza Volta, organizzammo un evento di Telethon nel pomeriggio, con un po’ di musica e attività sportive. Pochi minuti e arrivarono le solite telefonate di protesta ai Vigili. Troppo rumore. Troppa gente. Eppure, anni fa, Como si riempiva per le notti bianche, i capodanni in piazza. Oggi sembrano immagini provenienti da un altro mondo. Le chiedo: come si può scalfire questa mentalità?
«Alle persone over 65 si può anche concedere che abbiano un’altra mentalità. Ma è proprio lo spirito della piccola città che pesa. A Como è difficile persino farsi nuove amicizie: il comasco è chiuso di suo, e questo non aiuta. Però vedo dei segnali: ho amici che stanno iniziando a organizzare eventi, come le serate al Giulietta. Sono carine, funzionano, ma devono finire entro una certa ora perché altrimenti arrivano le solite lamentele per la musica. Secondo me bisogna insistere: fare sempre più iniziative. I giovani, piano piano, sostituiranno numericamente chi oggi frena tutto. E magari qualcosa si smuove.»
Già, ma per cambiare le cose serve anche l’esempio dall’alto. E invece a Como, dopo anni di colpevole immobilismo, si è arrivati a cancellare eventi come la Città dei Balocchi perché «portavano troppa gente». Nessun concerto in estate, pochissime occasioni di incontro. Una città spenta: persino i Comuni da mille abitanti offrono di più. E questo clima non aiuta nessuno. Una città viva è anche una città più sicura: chi delinque tende a girare alla larga. Le chiedo: ha senso tutto questo, in una Como diventata ormai destinazione internazionale?
«A me piace dire che vivo a Como. Quando parlo con persone straniere, la conoscono, sanno dov’è. È una città famosa, ed è bello. Ma proprio per questo non capisco perché si punti solo su hotel da migliaia di euro al giorno, barche di lusso, e non si faccia nulla per i giovani.
L’anno scorso, a una serata Pleasure alla Canottieri c’erano cinque ragazze americane arrivate lì per caso: un cameriere gliel’aveva consigliata. Non lo sapevano, nessuno gliel’aveva comunicato. Dicevano: “Ma cosa c’è da fare in città? È bello, ma non si capisce”. Che depressione.»
E avevano ragione da vendere. Lo dico anche agli amici che gestiscono locali: avete ogni giorno decine di turisti stranieri, fateli sentire coinvolti anche la sera, ditegli dove andare, cosa c’è da fare. Oggi Como sembra davvero indietro, anche su cose basilari come la comunicazione in inglese. Le propongo un’idea: creare uno spazio di contaminazione, un grande coworking dove chi viene da fuori possa lavorare, creare, incontrarsi.
«Bellissimo, assolutamente. Ma servono anche bar con musica, posti dove la gente possa conoscersi. Perché stare seduti a un tavolo non aiuta: nessuno si alza per dire “ciao”.
A Milano è diverso: stai in piedi, chiacchieri, conosci gente. È proprio un altro approccio.
Conosco tanti che lavorano da remoto e non vogliono andare a Milano. Preferiscono Como. Però poi si scontrano con questa mentalità chiusa. È anche una questione di abitudine, certo, ma anche di identità locale.»
Como è Como, nessuno vuole che diventi Milano, ma credo che debba prendere il buono da questo momento di attenzione e centralità internazionale per cambiare marcia. Svecchiarsi. Aprirsi. Creare occasioni vere di incontro e confronto.
«Vero. Servono coraggio e costanza. Le idee ci sono. Bisogna creare un contesto che le faccia nascere, crescere, restare.»
Prima di salutarci, Beatrice aggiungere una cosa importante:
«Sto lavorando al mio primo singolo. Si tratta di un progetto a cui tengo tantissimo, sto collaborando con un team discografico di alto livello. È un brano molto estivo, stiamo preparando tutto: il video, il piano di lancio, la parte commerciale. Uscirà nel mese di giugno e spero davvero che possa arrivare a chi deve.»
Intanto, per rimanere aggiornati, vi consigliamo di seguirla su Instagram (ne vale la pena, garantito). Noi, nel nostro piccolo, la sosterremo. Perché Como ha un disperato bisogno di voce, talento e coraggio. Beatrice ne ha, e non è la sola. Il punto è: quanto ancora dovranno aspettare, prima che qualcuno là in alto – a tutti i livelli – si accorga che i giovani non sono un problema da contenere, ma una risorsa da liberare?
Il tempo delle scuse è finito. Ora serve scegliere da che parte stare: con chi accende luci, o con chi spegne tutto ancora prima che la notte cominci.
foto di Mattia Arenare