Canottieri Lario e il caso del ristorante: davvero chiudere al pubblico è la soluzione?

Nelle ultime settimane è tornato al centro del dibattito cittadino il tema della gestione del ristorante situato all’interno della storica sede della Canottieri Lario. La questione è diventata ancora più calda dopo le dichiarazioni del nuovo presidente dell’associazione, Claudio Salvagni, e il possibile coinvolgimento dell’amministrazione comunale in seguito a un esposto presentato da un socio. Ma siamo sicuri che limitare l’accesso del ristorante ai soli soci sia davvero la strada giusta?
Il valore del ristorante per la Canottieri Lario
Per comprendere appieno la vicenda, è importante partire da un dato concreto: il ristorante, attualmente gestito da Veruska Vermi, versa ogni anno un canone di affitto di circa 33mila euro. Una cifra che, stando a quanto dichiarato, copre più del 70% del canone complessivo che la Canottieri Lario deve pagare al Comune di Como per l’utilizzo della struttura, ovvero circa 45mila euro.
Questo significa che l’attività commerciale del ristorante non è un capriccio o una concessione elitaria, ma una risorsa fondamentale per la sopravvivenza e il sostentamento delle attività associative e sportive della Canottieri. In assenza di un investimento pubblico strutturale nel terzo settore (che oggi appare piuttosto utopico), sono proprio le sinergie tra pubblico e privato a garantire la vitalità delle associazioni storiche.
Una realtà aperta alla città
Da ex socio della Canottieri posso confermare ciò che oggi viene dibattuto: il ristorante è sempre stato aperto anche al pubblico, pur riservando ai soci condizioni più vantaggiose. Questo approccio ha permesso per anni di mantenere un equilibrio economico, offrendo un servizio di qualità e al tempo stesso promuovendo la conoscenza della realtà della Canottieri Lario a chi ancora non ne fa parte.
È anche attraverso queste occasioni di apertura che l’associazione ha potuto allargare il proprio raggio d’azione, coinvolgendo nuovi sostenitori, futuri soci, appassionati di sport e amanti del lago. Escludere completamente l’accesso ai non soci rischierebbe di trasformare una risorsa in un peso, costringendo l’associazione ad aumentare le quote associative o ad affrontare un ridimensionamento dell’offerta.
Una chiusura al pubblico? I rischi concreti
Chiediamoci allora: cosa succederebbe se il ristorante fosse riservato esclusivamente ai soci e al loro entourage?
- Verrebbe meno buona parte dell’introito economico garantito dagli utenti esterni.
- L’attività stessa, già vincolata a orari di apertura rigidi e costi fissi, rischierebbe il fallimento.
- I soci dovrebbero probabilmente farsi carico di un aumento delle quote o di un taglio ai servizi.
- La Canottieri perderebbe un’importante occasione di promozione e di apertura al territorio.
Sarebbero davvero disposti, i circa 400 soci, a pagare il doppio o anche di più per sopperire al mancato introito? La risposta, in assenza di un confronto trasparente e partecipato, rimane incerta.
Un errore di metodo e una mancanza di visione
Va anche sottolineato come il riaccendersi della questione sia nato da un esposto indirizzato direttamente al sindaco di Como, anziché da un confronto interno all’associazione. Un gesto che rivela una modalità di gestione dei problemi poco costruttiva, soprattutto se si considera che il primo cittadino è ben noto per la sua difficoltà a dialogare con il terzo settore e con le realtà associative:
- Dalle cause perse in tribunale
- All’uscita dei Comuni lariani dall’azienda sociale
- Fino agli scontri con i genitori per la chiusura di plessi scolastici
È evidente che affidarsi a questa amministrazione per risolvere questioni interne può trasformarsi in un boomerang. La mediazione e il dialogo sono strumenti fondamentali, oggi più che mai.
Un patrimonio da proteggere, nel cuore di Como
La Canottieri Lario non è soltanto un’associazione sportiva. È un pezzo della storia e dell’identità di Como. Sorge nel cuore di una zona ad altissimo valore ambientale, affacciata sul lago, all’interno di un complesso architettonico razionalista che è un’eccellenza culturale e turistica.
Ridurre questa realtà a un “circolo chiuso” significherebbe impoverirla. Lasciarla invece aperta al dialogo e alla città, anche attraverso strumenti come il ristorante, significa valorizzarla, renderla più forte, più inclusiva, più viva.
Il nostro auspicio è che la prossima assemblea dei soci possa affrontare il tema con equilibrio, spirito critico ma costruttivo, tenendo conto delle esigenze di tutti, delle opportunità da cogliere e delle responsabilità che ogni realtà associativa ha verso la città.
Perché le soluzioni vincenti non si cancellano. Si migliorano, insieme.