Fri, Jul 18, 2025
Editoriali

Rapinese come Conte: trasformismo, slogan e nessuna visione

Rapinese come Conte: trasformismo, slogan e nessuna visione
  • PublishedGiugno 29, 2025

Leggendo l’intervista pubblicata venerdì su La Provincia, mi è tornata in mente una considerazione che sento ripetere da molti comaschi: Alessandro Rapinese è una sorta di lavagna bianca, sulla quale ogni giorno scrive lo slogan che gli fa più comodo.

C’è un punto, però, su cui bisogna essere intellettualmente onesti: anche Rapinese, come il Movimento 5 Stelle, è diventato sindaco grazie a quella narrazione “contro”. Ma, esattamente come loro, una volta raggiunto il potere ha tradito le attese e dimostrato tutta la sua inadeguatezza. Il motivo è semplice e profondo: il presupposto è fondamentale. Cosa ti muove a fare politica? La rabbia? Il rancore? O la volontà di costruire qualcosa in cui credi?

Esiste una differenza sostanziale tra chi fa politica “contro” qualcosa o qualcuno, spinto dal desiderio di distruggere, e chi invece sceglie di impegnarsi perché crede in determinati valori, in una visione del mondo, in una comunità umana e politica da rappresentare e difendere.

Questa differenza la vediamo plasticamente anche a livello nazionale. Giorgia Meloni, sempre coerente, sempre dalla stessa parte, è oggi riconosciuta come uno dei principali leader globali proprio perché ha tenuto fede alle sue idee e alla sua comunità politica. Non ha mai rinnegato le sue battaglie, né si è piegata alle mode del momento.

All’opposto c’è chi, come Giuseppe Conte, pur di restare aggrappato alla poltrona ha rinnegato tutto: è passato dal populismo e dai decreti sicurezza con Salvini alla svolta “progressista” insieme al PD. Ha guidato un governo che ha prodotto alcune delle peggiori pagine della nostra storia recente: dalla gestione della pandemia al disastro economico del Superbonus e del reddito di cittadinanza, incentivando l’assistenzialismo; le campagne elettorali fatte a suon di “graduidamende”, le pagheranno anche i nostri figli.

Alessandro Rapinese, nel suo piccolo, ricorda molto da vicino questo stesso trasformismo. Fa il sindaco di sinistra quando interviene il 25 aprile, e quello di destra quando parla di immigrazione irregolare o sicurezza, salvo poi non agire mai di conseguenza. Perfino sul tifo è riuscito nell’impresa di mettere da parte la sempre sbandierata fede interista per scoprirsi improvvisamente tifoso del Como, oggi che si trova a fare il sindaco con una proprietà internazionale straordinaria e tenta di intestarsi il progetto del nuovo stadio.

Eppure, a memoria, nella sua lunga carriera da consigliere di opposizione, non si ricorda un solo atto o intervento significativo a favore del Calcio Como, dei tifosi o dello Stadio Sinigaglia.

Sulla base di questo atteggiamento, non si espone mai su nessuna delle grandi questioni che attraversano la vita politica del nostro Paese: elezioni, referendum, politica estera, difesa dei valori occidentali. Niente di niente. Eppure, un sindaco dovrebbe anche essere un punto di riferimento per chi lo ha votato, dovrebbe avere il coraggio di difendere le proprie idee, di schierarsi. Perché – come diceva Ezra Pound – “se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o non valgono nulla le sue idee, o non vale nulla lui”.

L’unica idea per cui Rapinese si espone è sé stesso: la sua bravura, la sua presunta purezza, la sua superiorità morale. Ma è evidente che tutto questo non basti. La narrazione “contro partiti e lobby” non regge più, semplicemente perché lui si è costruito un partito personale, all’interno del quale non esiste nulla di ciò che ogni giorno vivono coloro che militano in un partito vero.

Noi ci confrontiamo, discutiamo, troviamo una sintesi. Facciamo congressi, assemblee, incontriamo la gente nei quartieri. Lui invece ha una concezione cinese – per non dire comunista – della politica: decide il capo, e gli altri tutti zitti. Chi non si adegua viene messo alla porta. Vivaddio, noi non siamo così.

Questo approccio ha prodotto un isolamento totale: non solo suo, ma della città intera. Como è sempre più sola, più distante dai circuiti decisionali regionali e nazionali, più debole nel rivendicare ciò che le spetta.

Noi invece abbiamo una visione diversa: Como deve tornare protagonista. Serve un sindaco che non governi contro tutti, ma insieme a una comunità viva, partecipe e radicata nei valori. Un sindaco che ascolti, costruisca, difenda idee vere, non slogan. Un sindaco che sappia guidare una squadra e far crescere un progetto condiviso.

È quello che siamo impegnati a costruire. Perché a Como non serve un’altra stagione di narcisismo amministrativo, ma una svolta concreta, seria e coraggiosa. Perché Como merita di più.

Written By
Alessandro Nardone

Coordinatore cittadino di Fratelli d'Italia, consulente strategico, keynote speaker e autore di 12 libri, Alessandro Nardone è considerato uno dei massimi esperti italiani di politica americana. Ha seguito come inviato le campagne elettorali di Donald Trump e Volodymyr Zelensky per testate come Vanity Fair, e la sua candidatura fittizia alle primarie repubblicane del 2016, sotto lo pseudonimo di Alex Anderson, è diventata un case study globale. Nardone scrive per La Voce del Patriota e partecipa a numerosi programmi Rai e Mediaset come analista di politica americana, comunicazione e innovazione.