Habemus Papam: eletto l’americano Robert Francis Prevost. È Leone XIV

Lo statunitense Robert Francis Prevost, che compirà 70 anni il prossimo 14 settembre, è il nuovo pontefice: si chiamerà Leone XIV. In soli due giorni e al quarto scrutinio – come accadde a Giovanni Paolo I nel 1978 e a Benedetto XVI nel 2005 – i 133 cardinali riuniti in Conclave hanno eletto il 267° successore di Pietro.
«Chi?!?» si sono chiesti in molti in piazza San Pietro, quando alle 19.12 di ieri il protodiacono, cardinale Dominique Mamberti, ha pronunciato il nome Robertum Franciscum Prevost. Un nome pressoché sconosciuto ai più, quello dell’americano sessantanovenne eletto a sorpresa, che ha scelto il nome di Leone XIV. Un’elezione giunta rapidamente, dopo appena quattro votazioni, da un Conclave che secondo le previsioni sarebbe stato spaccato, e che invece ha smentito ogni pronostico, eleggendo Prevost al posto del favorito Pietro Parolin, dato da molti come mediatore designato.
«Chi?», si chiedevano le decine di migliaia di presenti. «È l’indiano!» ha urlato qualcuno. «No, è il filippino!» ha risposto un altro. Ma era un nome da “addetti ai lavori”, che ha smentito ancora una volta l’inutilità dei totopapa e l’aleatorietà delle indiscrezioni vaticane, che fino all’ultimo giuravano su Parolin, “intento a trattare gli ultimi voti tra un piatto di penne e un’orata” alla mensa di Santa Marta.
Quando Prevost appare sulla Loggia delle Benedizioni, il boato è immenso. Il suo volto, commosso e sorridente, conquista la folla. Qualcuno tra i romani esclama: «Aò, pare Claudio Ranieri!». Iniziano i primi cori: «Leone! Leone!». Il suo discorso, lungo e denso, è ascoltato in silenzio, interrotto solo da qualche applauso. Gli esperti mormorano: «È un Francesco II». In molti apprezzano le frequenti citazioni evangeliche e la richiesta – inedita – di pregare la Madonna insieme a lui.
Il primo Papa statunitense della storia ha aperto il pontificato con queste parole:
«La pace sia con tutti voi! Fratelli e sorelle carissimi, questo è il primo saluto del Cristo risorto, il buon pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio. Anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nei vostri cuori, raggiungesse le vostre famiglie, tutte le persone, ovunque siano, tutti i popoli, tutta la terra: la pace sia con voi!
Questa è la pace del Cristo risorto, una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante, che proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente.
Conserviamo ancora nelle orecchie la voce debole ma coraggiosa di papa Francesco, che benediceva Roma e il mondo intero. Consentitemi di dare seguito a quella benedizione: Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti e il male non prevarrà. Siamo tutti nelle mani di Dio.
Pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi, andiamo avanti. Siamo discepoli di Cristo. Il mondo ha bisogno della Sua luce, l’umanità necessita di Lui, come ponte tra Dio e il Suo amore. Aiutiamoci a costruire ponti attraverso il dialogo, l’incontro, l’unità.
Grazie a papa Francesco!
Ringrazio i confratelli cardinali che mi hanno scelto per essere successore di Pietro, per camminare insieme come Chiesa unita, cercando sempre la pace e la giustizia, proclamando il Vangelo come missionari di Cristo.
Sono un figlio di sant’Agostino, un agostiniano. Diceva: Con voi sono cristiano, per voi sono vescovo. Camminiamo insieme verso la patria che Dio ci ha preparato.
Alla Chiesa di Roma un saluto speciale. Cerchiamo insieme di essere una Chiesa missionaria, che costruisce ponti, che accoglie – come questa piazza con le braccia aperte – chi ha bisogno di carità, dialogo, amore.»
Poi il Papa ha parlato in spagnolo, salutando il popolo peruviano, e ha aggiunto:
«A tutti voi, fratelli e sorelle di Roma, d’Italia, del mondo intero: vogliamo essere una Chiesa sinodale, che cammina, che cerca la pace e la carità, che si fa vicina a chi soffre.
Oggi è il giorno della supplica alla Madonna di Pompei. Maria, nostra madre, vuole camminare con noi, starci vicina, aiutarci con la sua intercessione. Preghiamo insieme: per la nostra missione, per la Chiesa, per la pace nel mondo.»
E con la piazza, ha recitato l’Ave Maria.
Dopo la benedizione Urbi et Orbi, la folla ha lasciato piazza San Pietro tra curiosità e speranza. C’è chi ha apprezzato il ritorno alla mozzetta rossa e il nome “leonino”, e chi lo critica proprio per questo, giudicandolo poco in linea con lo stile di papa Francesco. C’è chi rilancia tweet passati contro Trump e Vance o a favore della lotta al cambiamento climatico, e chi invece lo vede come un conservatore repubblicano. Staremo a vedere. E viva il Papa.
I papi di nome Leone
Il Leone più celebre è Leone I, detto Magno, campione dell’ortodossia nel turbolento V secolo, noto per aver convinto Attila a non saccheggiare Roma nel 452 – forse anche grazie a un lauto pagamento.
Importante anche Leone III, che nel 800 incoronò imperatore Carlo Magno nella notte di Natale, dando origine all’idea stessa di Europa.
Leone X, nipote di Lorenzo de’ Medici, fu protagonista del Rinascimento e, involontariamente, della Riforma protestante: la sua politica sulle indulgenze provocò la reazione di Martin Lutero, scomunicato nel 1520.
Infine, Leone XIII, papa delle encicliche, che affrontò il tema sociale con la storica Rerum Novarum del 1891, sulla dignità del lavoro e la giustizia sociale.
Chi è Robert Francis Prevost
Robert Francis Prevost, O.S.A., è nato a Chicago il 14 settembre 1955. Agostiniano, poliglotta (parla spagnolo, portoghese, italiano e francese), è stato prefetto del Dicastero per i Vescovi, ed è arcivescovo-vescovo emerito di Chiclayo (Perù).
Nel 1977 è entrato nel noviziato dell’Ordine di Sant’Agostino a Saint Louis. Dopo gli studi alla Catholic Theological Union di Chicago, è stato inviato a Roma per studiare Diritto canonico presso l’Angelicum. Ordinato sacerdote nel 1982, ha servito come missionario in Perù fino al 1999, dove ha conseguito il dottorato e insegnato teologia.
Rientrato a Chicago nel 2013 come vicario provinciale, nel 2014 è stato nominato da papa Francesco amministratore apostolico di Chiclayo e poi vescovo titolare di Sufar. È diventato vescovo residenziale nel 2015. È stato membro della Congregazione per il Clero (2019) e per i Vescovi (2020), e cardinale dal 30 settembre 2023 (titolo di Santa Monica).